Riassunti Diritto Penale – Esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art 392 cp e 393 cp)

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Riassunti Diritto Penale – Esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art 392 cp e 393 cp)

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il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è disciplinato in due norme del codice penale: -l’art 392 (esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle cose)
-l’art 393 (esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle persone)

le due norme si differenziano quindi per la modalità con la quale è commesso il reato (nell’art 392 cp con violenza sulle cose; nell’art 393 cp con violenza/minaccia sulle persone). Il bene giuridico tutelato, invece, è il medesimo: tutelare il monopolio statale nell’esercizio dell’attività per risolvere le controversie (che spetta solamente all’autorità giudiziaria)

è possibile analizzare entrambe le norme (l’art 392 cp e 393 cp) commentandole come segue

L’espressione “Chiunque” indica il soggetto attivo del reato e, quindi, tale reato è un reato comune.
L’espressione “al fine di esercitare un preteso diritto” indica invece uno dei due presupposti richiesti: il soggetto agente deve agire al fine di esercitare un diritto, anche solo preteso (che quindi potrebbe non esistere in capo al soggetto agente – la norma include quindi i casi di putatività).
L’espressione “e potendo ricorrere al giudice” indica il secondo dei due presupposti richiesti: la possibilità di ricorrere al giudice. Tale possibilità, oltre ad essere un obbligo (in quanto la risoluzione privata delle controversie NON è ammessa – salvo casi particolari – nel nostro ordimento giuridico) va intesa in senso “concreto”. Il soggetto agente quindi, anche nell’ipotesi di diritto putatativo, deve poter, alla luce della normativa esistente, essere in condizione di vantare il diritto in base al quale, per la sua soddisfazione, decide di commettere il reato. Inoltre, la norma in questione si giustifica in quanto tende a sanzionare tutti i casi in cui vi sia una perfetta equivalenza tra risultato ottenibile agendo dinnanzi all’autorità giudiziaria e risultato ottenibile agendo “privatamente”: es, se tizio ruba una macchina a caio, caio NON potrà (nonostante sia il legittimo proprietario) riprendersi il veicolo. Dovrà invece agire in giudizio al fine di farselo restituire. Se però caio, invece di adire l’autorità giudiziaria, decide di agire privatamente esercitando violenza sulle cose (es sul garage di tizio nel quale costui ha riposto la macchina rubata) concretamente ottiene un risultato equivalente (ritornare in possesso del veicolo) MA! Commette il reato in questione.
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (in entrambe le forme) non si configura invece quando tale equivalenza di risultati non vi sia: es, tizio, al fine di riporare la moglia caia a casa la quale non ha intenzione di ritornarvi, decide di caricarla, a forza, su un veicolo agendo con l’intenzione di esercitare il preteso diritto di obbligare la moglie alla convivenza in adempimento dell’obbligo di coabitazione nascente dal matrimonio. In un caso come questo, tizio NON commetterà il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, commettendo, invece, il più grave reato di sequestro di persona. Perché? Perché tizio avrebbe dovuto agire dinnanzi al giudice e, inoltre, anche in quel caso, Caia NON poteva essere obbligata a tornare a vivere con tizio, potendo il giudice, al massimo, sanzioni dotate di efficacia coertcitiva indiretta (es art 574 o 570 del codice penale in caso, appunto, di inosservanza dei diritti di famiglia). I risultati, quindi, ottenibili agendo in giudizio o, invece, esercitando arbitrariamente le proprie ragioni, NON sono ponibili su un piano di equivalenza (poiché diversi). Ciò quindi giustifica l’accusa di tizio per il compimento del reato di sequestro di persona e non di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

L’espressione “si fa arbitrariamente giustizia da se medesimo” esclude dal novero delle ipotesi sanzionate solo i casi di c.d. “violenza consentita”. Tali tipi di violenza sono:
a)la violenza manutentiva (es tizio agisce con violenza nei confronti di caio – parametrata, naturalmente, alla violenza dell’aggressore – al fine di allontanarlo dalla propria proprietà privata)
b)la violenza reintegrativa (tizio, subito dopo uno spoglio, si attiva per recuperare l’oggetto appena sottrattogli).

L’espressione “mediante violenza sulle cose (art 392 cp)/violenza o minaccia sulle persone (art 393 cp) indica “l’oggetto” dell’offesa. Per quanto riguarda il concetto di violenza sulle cose, il c.2 dell’art 392 cp afferma che “ai fini della legge penale si ha violenza sulle cose in caso di loro danneggiamento, trasformazione o mutazione di destinazione). Per quanto riguarda, invece, il concetto di violenza o minaccia (riferito alle persone) valgono le definizioni date in sede di analisi del reato di violenza privata (lo trovate negli artt di questo blog 😉 ).

aggravanti: l’art 393 prevede l’aggravante nel caso in cui il soggetto agente abbia agito con l’ausilio di armi.

Per quano riguarda il dolo, consumazione e tentativo, il primo è generico (coscienza e volontà di commettere il fatto); la consumazione avviene nel momento in cui è tenuta la condotta e, infine, l’ipotesi di reato tentato è configurabile in tutti i casi nei quali il soggetto compia atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere il delitto (tanto nel caso dell’art 392 cp quando in quello dell’art 393 cp)

pena: l’art 392 cp prevede la pena della multa fino a 516 euro mentre l’art 393 prevede la pena della reclusione fino ad 1 anno. entrambi i reati sono procedibili a querela della persona offesa.

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