Penale Tributario : Dichiarazione fraudolenta per operazioni inesistenti

COPERTINA ART DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA OPERAZIONI INESISTENTI

DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI (ricevute fiscali, scontrini fiscali e schede carburante ad es.) PER OPERAZIONI INESISTENTI (fatture o altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate) (ART. 2 D.LGS. 74/00) hp di reato in dichiarazione + grave tra quelle contemplate dal decreto

La Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti è un reato che consiste nella presentazione di una dichiarazione annuale, relativa alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, nella quale si espongono elementi passivi fittizi (i costi sono inesistenti e gonfiati al fine di ottenere un indebito risparmio d’imposta/vantaggio fiscale), supportati/giustificati dall’utilizzo di documentazione fiscale ideologicamente falsa (proviene da un soggetto che ha effettivamente emesso il documento giustificativo, ma tale documento presenta un contenuto non veritiero, un’operazione oggettivamente inesistente; deve incidere sulla determinazione della B.I. indicata in dichiarazione. Si tratta di operazioni in realtà inesistenti o in cui viene attribuito un valore superiore a quello effettivo, c.d. sovrafatturazione; operazioni per importi inferiori a quelli reali potrebbero potenzialmente rientrare nella sfera applicativa dell’art. 4, sempre che a tale sottofatturazione, che dà luogo a ricavi in nero, consegua una dichiarazione fiscale parimenti mendace e siano superate le previste soglie di punibilità). Si tratta di fattispecie a condotta bifasica, che si articola nell’utilizzazione di documentazione fiscale ideologicamente falsa e nella presentazione di una dichiarazione indicante gli elementi passivi fittizi; pertanto, non vi è la punibilità del tentativo, ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 74/00, laddove il contribuente registri in contabilità fatture o altri documenti falsi o li conservi “a fine di prova” ma decida, prima della presentazione della dichiarazione fiscale annuale, di ravvedersi e non inserisca in dichiarazione tali elementi passivi fittizi (non si compie quindi il reato di dichiarazione mendace, mediante l’uso di documentazione falsa). È prevista la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, e non sono contemplate soglie di punibilità (anche se vi è l’idea, da parte del legislatore, di inserire una micro soglia di punibilità): la modalità di evasione tipizzata assume rilevanza penale quale che sia l’entità di evasione che viene realizzata. L’annotazione di documenti mendaci autoprodotti dallo stesso contribuente non realizza una condotta tipica ai sensi della fattispecie in esame, bensì rilevante ex art. 3 del decreto. La giurisprudenza ritiene rilevante ex art. 2 l’utilizzo di documentazione contabile materialmente falsa, destinata ad es. a comprovare spese sanitarie da portare in detrazione nella dichiarazione dei redditi.

Nella precedente disciplina relativa al reato di emissione (ed utilizzo) di fatture per operazioni inesistenti (l. 516/82) si era posta la problematica questione del concorso nelle condotte previste e punite da tale fattispecie. Con la riforma del 2000, l’assetto normativo della fattispecie è mutato: sono ora previsti come autonomi reati il fatto di emettere fatture per operazioni inesistenti (art. 8) e quello di presentare una dichiarazione fiscale che utilizza siffatte fatture (art. 2). Il legislatore ha espresso regole di deroga alla disciplina generale del concorso: il responsabile, mono o plurisoggettivo, del reato di emissione non può in alcun caso essere ritenuto concorrente nel diverso reato di cui all’art. 2 (se così non fosse vi sarebbe un palese contrasto col principio del ne bis in idem sostanziale, si verrebbe cioè puniti due volte per il medesimo fatto). Diversa e più complessa, invece, la disciplina rispetto alla lettera b) dell’art. 9, secondo il quale chi si avvale di fatture per operazioni inesistenti (o chi con questi concorre) non può essere punito a titolo di concorso nel reato di emissione (l’uso che esclude il concorso nel reato di emissione è quello statuito nell’art. 2 consistente nell’indicazione di elementi passivi fittizi in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sull’IVA). In questo modo si giungerebbe a creare un’area di impunità per quei soggetti che abbiano concorso nell’emissione di documenti per operazioni inesistenti, limitandosi ad annotarli in contabilità, senza utilizzare tali documenti nella dichiarazione relativa all’imposta indicando elementi passivi fittizi (sarebbero così esclusi sia dall’ambito di applicazione dell’art. 8, che punisce l’emissione di documenti inesistenti, sia da quello dell’art. 2 che richiede, oltre all’annotazione dei documenti nelle scritture contabili, anche la loro indicazione nella dichiarazione annuale (e rispetto al quale la punibilità del tentativo è esclusa dall’art. 6). L’art. 9 del d.lgs. 74/2000, nell’escludere la possibilità di concorso reciproco fra le ipotesi previste dai precedenti artt. 2 e 8, ha la finalità di evitare che la medesima condotta sostanziale sia punita due volte; non ha, invece, lo scopo di escludere la punibilità per entrambe le fattispecie quando emittente ed utilizzatore coincidono (l’art. in questione esclude il concorso tra chi ha emesso la fattura e chi l’ha utilizzata, ma non il concorso nella emissione della fattura o del documento per operazioni inesistenti secondo le regole ordinarie del concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p.). Per quanto concerne il trattamento sanzionatorio, fermo restando che l’intermediario (ex art. 9) non potrà rispondere di entrambi i reati di cui agli artt. 2 e 8, il suo trattamento penale risentirà della peculiarità del caso concreto: risponderà dell’una o dell’altra fattispecie a seconda che la sua condotta sia più prossima all’emittente o a colui che indica in dichiarazione le fatture false.

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