Diritto Penale : Principio di COLPEVOLEZZA (1a parte)

COPERTINA ART COLPEVOLEZZA PRIMA PARTE

 

 

 

 

 

 

Diritto Penale : Principio di COLPEVOLEZZA (1a parte)

il principio di colpevolezza si pone come vincolo per il legislatore nella conformazione degli istituti penalistici e nelle singole norme incriminatrici, MA ANCHE come canone ermeneutico per il giudice (quindi canone interpretativo) nella lettura e nell’applicazione delle disposizioni vigenti.

Tutto ciò che rappresenta una deroga al principio di colpevolezza (la responsabilità oggettiva) pur se presente nel nostro ordinamento costituisce un eccezione che, in alcuni casi, rischia di essere ritenuta incostituzionale.

Questo primo articolo (e i due che seguiranno) hanno lo scopo di analizzare tre norme del codice penale: l’art 586 , 584 e 116. Queste norme, infatti, sono molto importanti e, a mio avviso, davvero utili per comprendere con più compiutezza le problematicità che il principio di colpevolezza talvolta solleva.

a seconda che l’addebito concerna elementi di struttura e valore essenziale o invece puramente marginali è ammessa, o meno, l’imputazione oggettiva di un evento. questa è ammessa nei riguardi di un elemento marginale e secondario della struttura della fattispecie incriminatrice. Non è invece MAI ammessa nei riguardi di un elemento essenziale di disvalore.

La Giurisprudenza, nel tempo, ha introdotto in fattispecie che secondo il codice rocco erano sicuramente fattispecie di resp oggettiva il canone della colpa quale temperamento, quale correttivo, dei modi di imputazione oggettiva. La più importante sentenza, che si è occupata di questo criterio della colpa inserita in un ipotesi che nasceva invece come resp oggettiva, è la sent 29 maggio 2009 n 226706 (cassaz S.U.). (sentenza Ronci). Questa sentenza interviene a dirimere un contrasto tra sezioni semplici in relazione ai requisiti di applicazione dell’art 586 cp, nella specifica ipotesi della morte dell’assuntore di sostanze stupefacenti illecitamente cedutegli.

art 586: questa norma stabilisce che quando da un fatto preveduto dalla legge come delittto doloso deriva come conseguenza NON voluta la morte o la lesione della persona, si applicano le pene previste dagli art 589 (omicidio doloso) e 590 (lesioni personali dolose) aumentate di una certa misura.

Quindi l’art 586 ha degli aspetti peculiari di struttura: è un delitto a struttura preterintenzionale ed è un delitto aggravato dall’evento, che presuppone un delitto doloso di partenza al quale segue in connessione causale la verificazione dell’evento (morte o lesione personale). È una verificazione NON voluta dal soggetto agente (questo è il presupposto) perché se fosse voluta NON si applicherebbe l’art 586 ma si applicherebbe la norma sull’omicidio DOLOSO o sulla lesione personale DOLOSA.

Facciamo un esempio:

TIZIO appicca un incendio DOLOSO – quindi con volontà di creare un incendio. Nell’incendio doloso può succedere che muoia qualcuno (es all’interno dell’abitazione incendiata) ma non qualcuno che si voleva uccidere bensì qualcuno che casualmente si trovava lì dentro (e che quindi il soggetto agente NON sapeva che vi fosse all’interno- es un barbone che, di notte, si era fermato in quella casa per dormire). Allora, il 586 è la norma che unisce questi comportamenti: il FATTO BASE doloso (incendio) che cagiona in modo INVOLONTARIO un evento molto più grave (morte o lesioni di una o più persone). l’art 586 stabilisce che quando si ha questo fatto base doloso e in più il cagionamento dell’evento (morte o lesione) questo evento rappresenta un caso di ABERRATIO DELICTI qualificata e PIÙ grave (circostanza aggravante) rispetto all’ipotesi base dell’omicidio colposo o delle lesioni personali. Perché? Perché colui che versa in una situazione volontariamente illecita (nell’esempio, colui che DOLOSAMENTE decide di appiccare un incendio) è tenuto a rispondere anche delle conseguenze involontarie (nell’esempio, la morte del barbone che nottetempo si era rifugiato nella casa poi incendiata). Nel codice rocco questa ipotesi era fuor di dubbio un ipotesi di responsabilità oggettiva, cioè occorreva che tizio avesse posto in essere il fatto base (incendio) poi se da questo derivava l’evento morte si PRESCINDEVA COMPLETAMENTE dalla verifica dell’elemento psicologico che collegasse, appunto, a livello psichico la mente del reo e l’evento ulteriore non voluto (la morte o le lesioni).

Nella evoluzione interpretativa degli orientamenti sempre più volti a dimostrare che la responsabilità oggettiva DEVE essere il più possibile esclusa dal nostro sistema penale, interviene la giurisprudenza che introduce il seguente concetto: la colpa sull’elemento ulteriore disvoluto (non voluto) . Alcune sentenze ritengono, infatti, che NON sia sufficiente il puro nesso di causalità materiale tra il primo fatto doloso di base e il secondo ulteriore evento morte o lesione che ricada nel 586. in altre parole, secondo tale giurisprudenza, NON può trovare applicazione la responsabilità oggettiva nei casi regolati dall’art 586 cp occorrendo, invece, che questo secondo evento non voluto (nell’esempio la morte del barbone) rientri in una copertura di elemento psichico => sia frutto di COLPA=> sia IMPUTABILE a colpa.

Su questi presupposti nacque un contrasto tra sezioni semplici della cassazione. Alcune pronunce infatti richiedevano la colpa altre, invece, ritenevano trattarsi di un caso di resp oggettiva. Nel 2009, Interviene la sentenza Ronci.

Questa sentenza afferma che la fattispecie di cui all art 586 debba essere connotata dal requisito della colpa IN CONCRETO. => NON solo una colpa in astratto (una prevedibilità in astratto) ma addirittura una prevedibilità in CONCRETO.

Questa sentenza della colpa in concreto è poi stata confermata da ulteriore giurisprudenza

sent 19 gennaio 2010, 20 maggio 2010, 7 luglio 2010, 5 maggio 2011, 4 luglio 2011, 22 novembre 2011…TUTTE concernenti la morte del concessionario di stupefacenti quale conseguenza NON voluta del delitto di spaccio.

A questo punto è opportuna una riflessione. Questo canone della colpa in concreto, con riferimento alla morte dell’assuntore della droga, è un canone importante e interessante ma che è stato anche sottoposto a CRITICHE da parte di molti autori. La corte, infatti, sembra essere andata un po’ troppo in là sul piano della garanzia perché richiedere la colpa in concreto (come regola generale) in questa materia pare “un po’ troppo” . Perché? perché si rischia di non far rispondere della morte del tossico dipendente, che ha assunto la sostanza, uno spacciatore se non si riesce a provare rigorosamente un addebito di colpa a lui formulabile. Es: basterebbe che lo spacciatore NON conoscesse l’acquirente per mettere in crisi il principio di responsabilità per colpa in concreto. Perché questo? Perché se lo spacciatore non conosce l’aquirente, e se non ne conosce l’eventuale sensibilità rispetto alla droga, come si fa a dire che è in colpa in concreto? Sotto questo aspetto la sent Ronci lascia perplessi. Infatti, trasformare un caso di responsabilità oggettiva in un caso colposo, è ragionevole (e soprattutto garantista)…ma dalla colpa (in astratto) arrivare alla colpa in concreto, forse si va “un po’ troppo avanti nella trasformazione”.

Quindi, per concludere, come si fa a distiguere l’omicidio colposo da quello doloso DOPO la sentenza delle sezioni unite del 2009 che richiede la colpa sull’evento finale non voluto? Qui evidentemente il discrimine è dato dagli altri elementi di struttura del 576 e, quindi, dal fatto che non basta guardare il cagionamento colposo dell’evento finale, ma bisogna guardare altresì le modalità con le quali si perviene a tale cagionamento: nel caso del 586 occore che ci sia una realizzazione di un fatto doloso di base previsto dalla legge come delitto doloso (es incendio) dal quale consegua l’evento morte attribuito a titolo di responsabilità oggettiva (dal cod rocco) e da resp oggettiva colposa per colpa in concreto (secondo la sent Ronci). Si avrà, invece, omicidio colposo quando il soggetto agente uccida colposamente un terzo soggetto, senza che quindi vi sia una condotta di base dolosa (es tizio sta tranquillamente guidando la sua automobile quando, senza farlo apposta – e quindi colposamente – non riesce a frenare e investe caio).

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