Diritto Amministrativo – Risarcimento danni interesse legittimo giurisdizione

risarcimento danni interesse legittimo giurisdizione
In origine l’azione volta ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di un interesse legittimo poteva essere esercitata dinnanzi al giudice amministrativo esclusivamente come azione principale. la giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni, come “diritto patrimoniale consequenziale”, spettava invece solamente al giudice ordinario. Di conseguenza, il privato intenzionato a proporre suddetta azione a seguito dell’esperimento dell’azione di impugnazione del provvedimento lesivo (volta ad ottenerne l’annullamento), aveva la sola possibilità di agire dinnanzi al giudice ORDINARIO, per ottenere la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno cagionato dal provvedimento impugnato.

Con l’intervento del dlgs 80/1998 la disciplina è mutata. A partire da quel momento, fu infatti possibile esercitare dinnanzi al GA (e non più dinnanzi al GO) anche l’azione di condanna al risarcimento del danno, proposta successivamente all’esperimento dell’azione di impugnazione. Fu inoltre possibile richiedere il risarcimento del danno per EQUIVALENTE (ottenendo una somma di denaro corrispondente all’entità del danno, volta quindi a ristorare il privato del pregiudizio subito).
Il legislatore utilizzò l’espressione danno “ingiusto” e ciò sollevò dubbi circa la possibilità di esercitare l’azione di risarcimento del danno anche nei confronti di quelli cagionati dalla violazione di un interesse legittimo. L’ “ingiustiza” del danno è, infatti, un requisito previsto dall’art 2043 c.c., norma che, occupandosi di definire il tipo di danno da responsabilità extracontrattuale risarcibile in caso di violazione di un diritto soggettivo, afferma “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno INGIUSTO obbliga colui che l’ha commesso a risarcire il danno). Ci si chiese quindi se potessero essere ricompresi anche i danni derivanti dalla lesione degli interessi legittimi. La risposta è si. l’art 35 del dlg in questione, infatti, va interpretato alla luce delle direttive europee che, non considerando la distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo, parificano, in questo caso, il trattamento di queste due situazioni giuridiche soggettive.
Nel caso in cui la PA non avesse dato spontaneamente esecuzione alla sentenza di cognizione del GA, l’unica via possibile restava agire esercitando l’azione di ottemperanza (al fine di condannare la PA al risarcimento dei danni)

Con il successivo intervento della L 205/2000 venne introdotta la possibilità di esercitare, già nella fase di cognizione, l’azione di condanna al risarcimento del danno, con la conseguenza che la sentenza di cognizione oltre ad accertare e dichiarare l’eventuale illegittimità dell’atto impugnato poteva (e può tuttora) contenere anche una pronuncia di condanna nei confronti della PA.

Due pronunce della Corte Cost (nel 2004 e 2006) ribadirono che tale competenza riconosciuta al giudice amministrativo NON costituisce una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva, dovendo essere invece considerata come la naturale conseguenza della tutela riconosciuta al privato avverso un provvedimento illegittimo e che, concretamente, permette al privato vittorioso di ottenere il ristoro del pregiudizio subito.

Rimase (e lo è tuttora) in discussione se sia concretamente possibile, e quindi ammissibile, l’esercizio dell’azione di condanna al risarcimento dei danni senza aver esercitato l’azione di annullamento del provvedimento ritenuto illegittimo. Sicuramente questo dubbio non riguarda i casi nei quali un provvedimento non vi sia (es: l’impugnazione avverso il silenzio della pa) oppure quando esso sia già stato annullato (d’ufficio dalla PA o a seguito dell’esperimento del ricorso amministrativo). All’infuori di queste ipotesi, infatti, l’azione di condanna al risarcimento dei danni, esercitata a prescindere da quella volta ad ottenere l’annullamento del provvedimento lesivo, comporterebbe: a) la permanenza di un provvedimento illegittimo, e quindi contrario all’interesse pubblico; b) un esborso di denaro ingiustificato in quanto verrebbe attuato “mantendo in vita” l’atto illegittimo sulla base del quale è stato richiesto il risarcimento!. Inoltre, essendo l’azione di risarcimento del danno un diritto patrimoniale consequenziale, in caso di mancato esercizio dell’azione di annullamento il comportamento del privato costituirebbe manifestazione di acquiescenza, con la conseguente preclusione dell’esercizio del diritto patrimoniale consequenziale, volto ad ottenere il risarcimento del danno.

Il codice è intervenuto disciplinando l’azione di condanna all’art 30 cpa (ammettendone l’esercizio anche in via autonoma nei casi di giurisdizione esclusiva ed in quelli contenuti nel presente art) e, in particolare, al c.3 si è occupato di disciplinare l’azione di risarcimento del danno cagionato dalla lesione di un interesse legittimo, prescrivendo (per l’impugnazione) un termine PERENTORIO (quindi a pena di decadenza) di 120 gg dal verificarsi del fatto lesivo o dall’emanazione del provvedimento lesivo (se il danno è derivato direttamente da questo). Al c.5, lo stesso art, disciplinando la suddetta azione nel caso in cui sia proposta succesivamente all’azione di annullamento, prevede un termine perentorio di 120 gg decorrente dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento del provvedimento.
(N.B. È stata sollevata questione di legittimità costituzionale – ma la Corte non si è ancora espressa – nei confronti del termine di decadenza di 120 gg previsto dal c.5). Se infatti è ammissibile e comprensibile che l’azione di cui al c.3 sia soggetta ad un termine di decadenza (in quanto è necessario soddisfare il requisito della tempestività dell’azione), non lo è quella di cui al c.5 posto che, in questo secondo caso, il requisito della tempestività dell’azione è già stato soddisfatto dalla proposizione dell’azione di annullamento. Di conseguenza, in questo secondo caso, sarebbe più opportuno sottoporre l’azione di risarcimento del danno all’ordinario termine di prescrizione di 5 anni.

Successivo Diritto Penale - Falsa Perizia o Interpretazione