Riassunti Diritto Penale – Falsa Testimonianza (art 372 cp)

PINOCCHIO

Riassunti Diritto Penale – Falsa Testimonianza (art 372 cp)

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la falsa testimonianza è disciplinata dall’art 372 cp, che dice “chiunque, chiamato a deporre come testimone dinnanzi all’autorità giudiziaria, afferma il falso, nega il vero o tace in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la pena della reclusione da 2 a 6 anni.

Il reato di falsa testimonianza è un reato di pericolo in quanto, per la sua consumazione, è sufficiente anche la sola messa in pericolo del bene giuridico tutelato.
Il bene giuridico tutelato dalla norma consiste nell’interesse dell’amministrazione della giustizia affinché la testimonianza sia completa e veritiera.

Il soggetto attivo del reato può essere “chiunque sia chiamato a deporre come testimone”: quindi, solo un soggetto che ricopra il ruolo di testimone. Il testimone è definibile come quel soggetto, diverso dalla parte, che è tenuto ad effettuare dichiarazioni di scienza dinnanzi all’autorità giudiziaria. Il codice di procedura penale all’art 199 prevede una serie di ipotesi di divieto di testimonianza; all’art 120, invece, prevede esenzioni dall’obbligo di testimoniare, relative a determinati soggetti (N.B. Se però tali soggetti decidono di NON avvalersi di tali esenzioni e tengono la condotta descritta dalla norma che punisce il reato di falsa testimonianza, sarano per esso imputabili).

La condotta incriminata può assumere 3 forme:
1)affermazione del falso
2)negazione del vero
3)reticenza (= tacere in tutto o in parte ciò che si sa intorno ai fatti per i quali si è chiamati a deporre).

L’elemento soggettivo è il dolo generico, essendo quindi sufficiente la coscienza, consapevolezza e volontà di tenere la condotta incriminata dall’art 372.

il tentativo, essendo la falsa testimonianza un reato di pericolo, non è configurabile in quanto, altrimenti, si finirebbe con il punire il “pericolo di pericolo”.

Quanto alle aggravanti, la norma ne prevede 3:
1)se a causa della falsa testimonianza deriva una condanna superiore a 5 anni
2)se a causa della falsa testimonianza deriva una condanna inferiore a 5 anni
3)se a causa della falsa testimonianza deriva una condanna all’ergastolo

non si configura, invece, il reato di falsa testimonianza se l’affermazione del falso, la negazione del vero o la reticenza riguardino elementi NON connessi all’oggetto della causa e, quindi, inidonei a ledere il bene giuridico.

Ai fini della configurazione del reato di falsa testimonianza, rileva la differenza tra ciò che il teste afferma e ciò che egli intimamente sa (e NON la differenza tra ciò che il teste afferma e la realtà di ciò che è avvenuto – perché potrebbe accadere che il soggetto affermi essere avvenuto un fatto e poi si scopra che in realtà ciò non è avvenuto, ma Il teste versasse in errore).

Infine, l’interesse alla veridicità della testimonianza è così rilevante che il legislatore ha previsto la possibilità per il soggetto che ritratti la propria deposizione di rimanere impunito. La ritrattazione è disciplinata dall’art 376 del cp che, ammettendo la riformulazione della testimonianza, prevede 2 requisiti affinché il soggetto che ritratta non sia ritenuto punibile:
1)mutare la versione data precedentemente
2)affermare (con certezza) la verità di ciò che è accaduto.
La norma poi, nei riguardi dei procedimenti penali, richiede che la ritrattazione avvenga prima del dibattimento mentre, in quelli civili, che essa avvenga prima che sulla domanda sia pronunciata sentenza definitiva (anche se non ancora irrevocabile).
Circa la natura giuridica della ritrattazione, vi sono 2 tesi opposte:
1)gran parte della giurisprudenza e della dottrina ritengono che la ritrattazione sia una causa SOGGETTIVA di esclusione della puniblità. Applicabile quindi al solo testimone
2)altra parte della giurisprudenza e della dottrina ritiene invece che la ritrattazione sia una causa OGGETTIVA di esclusione della punibilità applicabile quindi, eventualmente, anche ad un terzo soggetto che avesse istigato il testimone a commettere il reato di falsa testimonianza. La ratio alla base di tale posizione è la seguente: la ritrattazione è volta a “riparare” la falsa testimonianza commessa e, quindi, è idonea a non porre più in pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma. È giocoforza quindi ritenere che, anche se la falsa testimonianza originava da una condotta di istigazione, una volta avvenuta la ritrattazione non ha più ragione di sussistere l’incriminazione dell’istigatore.

Quanto infine al concorso di reati, si è posto il seguente problema: nel caso in cui il soggetto agente reiteri la condotta di falsa testimonianza, è configurabile un concorso di reati oppure il reato resta unico? La risposta a tale quesito può essere formulata come segue: se la condotta reiterata di falsa testimonianza è tenuta nella medesima fase processuale, essa costituirà un solo reato. Se, invece, è commessa in fasi processuali diverse, potrà configurarsi un concorso di reati (tuttavia, parte della dottrina, ritiene che anche in questo caso il reato commesso rimanga unico in quanto il reato di falsa testimonianza è previsto a tutela della veridicità e completezza della stessa NON in relazione a ciascuna fase processuale, ma all’emanazione di una sentenza FINALE conforme a verità

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