RAPPRESENTANZA APPARENTE e TUTELA DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO DEL TERZO

COPERTINA ART rappresentanza apparente e tutela del legittimo affidamento del terzo

la rappresentanza apparente e la tutela del legittimo affidamento del terzo è argomento estremamente importante che merita di essere affrontato con attenzione. Innanzitutto, cominciamo col dire che l’affidamento del terzo è legittimo solo se è incolpevole. In altre parole, soltanto l’affidamento incolpevole del terzo contraente – quindi solo se egli è in buona fede – è tutelato dall’ordinamento giuridico.

Procediamo con ordine.

Che cos’è la rappresentanza apparente? È una sottocategoria qualificata e specifica di rappresentanza senza potere. Essa si caratterizza per il fatto che alla realtà della mancanza di poteri rappresentativi si sovrappone un’apparenza creata da indici obiettivi (anche se ingannevoli) che fanno apperire come esistenti poteri che, invece, sono inesistenti.

Il contratto concluso dal rappresentante falso ma apparente può essere ugualmente efficace verso il rappresentato e, conseguentemente, vincolarlo. Questa regola è valida, ovviamente, in presenza di determinate condizioni (che tra poco vedremo). Ciò che, tuttavia, è preliminarmente doveroso ricordare è questo: il motivo per il quale, in determinate condizioni, il contratto concluso dal rappresentante falso ma apparente è ugualmente efficace verso il rappresentato risiede nel fatto che l’apparenza surroga la legittimazione mancante. Perché? Perché tale regola si fonda su una ragione di forte tutela dell’afficamento del terzo contraente che, a causa dell’apparenza, ha conficato nell’esistenza del potere del rappresentante e per tale motivo ha concluso il contratto con costui. Questa ragione è la medesima che sta alla base di tutte quelle fattispecie legali alle quali il legislatore ha espressamente attribuito rilievo a situazioni di apparenza. Ad esempio, ai sensi dell’art 1189 c.1 cc il pagamento al creditore apparente (apparente perché non legittimato a rceverlo) ha il medesimo effetto liberatorio che avrebbe avuto se fosse stato fatto al vero creditore. Questa e altre fattispecie legali dimostrano come il nostro ordinamento giuridico riconosca un generale principio di apparenza. Come accennato poc’anzi, però, la regola della rappresentanza apparente opera solo in presenza di determinate condizioni. Nel dettaglio, queste condizioni sono due:

1)innanzitutto è necessario che la creazione dell’apparenza ingannevole sia imputabile solo e soltanto al falso rappresentato (c.d. Falsus procurator). Infatti, è solo in tale ipotesi che può legittimamente scattare il criterio di autoresponsabilità in grado di giustificare una conseguenza gravissima come l’efficacia a suo carico del contratto non autorizzato.

La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che sia necessaria la colpa del rappresentato affinché il contratto non autorizzato abbia comunque efficacia nei confronti del falso rappresentante (N.B. Non si richiede che la colpa si identifichi con la “malizia” del rappresentato, essendo sufficiente una sua negligenza in conseguenza della quale si sia creata l’apparenza. Può quindi parlarsi di “apparenza colposa”).

Non ha invece rilevanza la c.d. Rappresentenza pura, quella cioè creatasi senza colpa dell’interessato (e quindi senza colpa del rappresentato). Le ipotesi sono riconducibili a fattispecie tipiche (quindi legali) espressamente previste dal legislatore. Un esempio è costituito dall’ipotesi che abbiamo visto prima: quella dell’art 1189 c.1 cc.

N.B. È fondamentale distinguere il caso in cui l’interessato abbia creato un’apparenza di poteri rappresentativi da quella in cui costui abbia conferito una procura tacita. Se, infatti, è presente una procura tacita non ha senso parlare di apparenza, perché la rappresentanza poggia su un potere esistente! (ancorché derivante da procura tacita – per tale motivo questa situazione di confine è in molti casi difficilmente accertabile).

2)la seconda condizione della responsabilità è proprio quella dell’affidamento incolpevole del terzo contraente (a cui abbiamo accennato in apertura di questo articolo). Come abbiamo detto, il terzo non è protetto se, nonostante l’apparenza contraria, era ben conscio della mancanza di poteri in capo al soggetto con il quale ha contratto (o anche nell’ipotsi in cui, pur non essendone conscio, avrebbe potuto – secondo l’ordinaria diligenza – rendersene conto). Quindi, da ciò si deduce che il terzo è protetto solo nel caso in cui fosse in buona fede (in altre parole, abbia agito con la diligenza del buon padre di famiglia).

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