QUAL È IL SIGNIFICATO DI PLUSVALENZA?

copertina-art-plusvalenzaChe cos’è una plusvalenza?

Dite la verità, già soltanto il termine “plusvalenza” vi avrà fatto rabbrividire almeno una volta. Solitamente argomenti come questi – e in generale tutti quelli che mescolano componenti giuridiche ed economiche – piacciono poco alla maggior parte dei giuristi e/o agli studenti di giurisprudenza.

Non so se con questo articolo riuscirò a farvi appassionare al diritto tributario, ma certamente posso proporvi una spiegazione del concetto di plusvalenza che sia chiara e tutto sommato concisa.

Iniziamo!

“La plusvalenza è la differenza positiva tra due valori dello stesso bene in due momenti diversi”. Cosa vuol dire, in altre parole, questa definizione? Semplice, significa che se uno stesso bene oggi vale 10 e domani vale 30, allora se domani lo vendo otterrò un vantaggio: la differenza positiva tra questi due valori (30 – 20) che è uguale a 10.

Cerchiamo adesso di fornire una spiegazione ancora più specifica. La disciplina delle plusvalenze non riguarda l’attivo circolante ma le immobilizzazioni (i beni strumentali e quelli meramente patrimoniali): in altre parole, se un imprenditore cede dei beni che, all’interno del conto economico, sono classificati come attivo circolante, anche qualora ottenesse un prezzo superiore rispetto al costo di quel bene, NON otterrebbe una plusvalenza ma un ricavo. Se, invece, il bene venduto dall’imprenditore ad un costo maggiore rispetto a quello al quale lo ha in precedenza comprato è classificato nelle immobilizzazioni, ecco che otterrà una plusvalenza!

Le plusvalenze possono essere ottenute anche in altri modi, oltre che a seguito di una cessione a titolo oneroso. Possono, infatti, essere realizzate mediamente risarcimento a seguito di perdita o danneggiamento oppure quando un bene fuoriesce dalla sfera dell’impresa mediante assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee dall’esercizio dell’impresa.

Abbiamo detto, quindi, che la plusvalenza è la differenza positiva tra due valori dello stesso bene in due momenti diversi..che caratteristiche hanno questi due valori? Allora:

-il valore iniziale (valore base) è dato dal valore fiscalmente riconosciuto, ossia dal costo del bene, incrementato e ridotto delle variazioni derivanti dall’appplicazione delle norme tributarie

-il valore finale, invece, è dato dal corrispettivo o dal risarcimento.

Se, come detto prima, il valore finale è superiore al valore iniziale, allora si avrà una plusvalenza (per riprendere l’esempio di prima, se 30 è il nostro valore finale e 10 è il valore iniziale, 30 – 10 = 20, quindi la plusvalenza sarà di 20!)

quando sono tassate le plusvalenze? Sono tassate quando sono realizzate. Ciò significa, quindi, che potranno essere tassate a seguito di cessione a titolo oneroso, a seguito di ottenimento del risarcimento del danno conseguente a perdita o danneggiamento del bene oppure quando il bene sia fuoriuscito dalla sfera dell’impresa, ad es mediante assegnazione ai soci.

Le plusvalenze realizzate possono poi fruire di una norma di favore (l’art 86 c.4 tuir) in forza della quale concorrono a formare il reddito, a scelta del contribuente, nell’esercizio di competenza o in quote costanti in quell’esercizio e nei successivi (ma non oltre il quarto). La rateizzazione è consentita, però, solo per i beni posseduti per un periodo non inferiore a tre anni ed è attuata con il meccanismo delle variazioni.

Che cos’è la partecipation exemption?

Per evitare la doppia tassazione le plusvalenze derivanti da partecipazioni possono godere di questo particolare regime che, per i soggetti passivi dell’ires, corrisponde all’esenzione del 95%. In altre parole, le partecipazioni che beneficiano della partecipation exemption sono tassate al 5%. il termine “esenzione” suggerisce che l’imprenditore NON potrà dedurre i costi connessi alla partecipazione in questione, perché il fatto che la partecipazione sia “esente” (nello specifico esente al 95%) implica che il trattamento sia differente rispetto a quello applicabile ai dividendi che, pur potendo anch’essi beneficiare della partecipation exemption, in tal caso nei loro riguardi si parla di “esclusione del 95%” (e non di “esenzione”) e di conseguenza, nei loro riguardi, i costi saranno deducibili.

Le condizioni alle quali il regime di partecipation exemption si applica alle plusvalenze sono 4:

1)la partecipazione ceduta deve essere posseduta da più di 12 mesi

2)la partecipazione ceduta NON deve essere stata inizialmente classificata nell’attivo circolante dovendo, quindi, essere stata da subito classificata nelle immobilizzazioni (questo perché tale dato denota che a monte l’imprenditore aveva considerato come investimento durevole quella partecipazione che adesso intende cedere. Se, invece, l’avesse prima iscritta nell’attivo circolante tale operazione avrebbe denotato una scelta opposta: quella di considerare la partecipazione in questione come un investimento non durevole e, di conseguenza, da una sua eventuale cessione l’imprenditore avrebbe potuto ottenere un ricavo, non una plusvalenza).

3)le partecipazioni non siano in società residenti in paesi o territori a regime fiscale privilegiato (ma tale impedimento può essere rimosso mediante il ricorso alla procedura di interpello: dimostrando, in pratica, che nonostante le partecipazioni siano in società residenti in paesi o territori a fiscalità privilegiata, ciò non comporta il tax deferral o comunque un dislocamento di profitti in tali sistemi fiscali, in quanto la società partecipante è cmq tassata in paese a fiscalità normale).

4)la partecipazione sia un una società che svolge la propria attività sottoforma di impresa.

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