L’atto pubblico fa piena prova: cosa vuol dire?

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L’atto pubblico fa piena prova (c.d. prova legale) perché il suo valore “è molto intenso” (https://www.dirittoprivatoinrete.it/lo_atto_pubblico.htm ; http://www.notaiodidomenico.it/ADEMPIMENTI/Atto%20pubblico%20not.htm).

Il fatto o l’atto in esso contenuto, infatti, “s’intende senz’altro provato dallo stesso, senza che il giudice possa effettuare alcuna valutazione discrezionale al riguardo. La controparte può, però, contestare l’attendibilità dell’atto pubblico, privandolo della sua efficacia probatoria, in alcuni ordinamenti (ad esempio, Germania) semplicemente fornendo la prova contraria, in altri (ad es., Francia e Italia) attraverso uno speciale procedimento giurisdizionale, che in Italia prende il nome di querela di falso.”(https://it.wikipedia.org/wiki/Atto_pubblico).

La “piena prova” attiene, tuttavia, esclusivamente agli “elementi estrinseci che ne individuano la formazione: la provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato; le dichiarazioni e i fatti che questi attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti; le circostanze di luogo e tempo in cui è stato redatto. Non prova, al contrario, l’intrinseca veridicità delle dichiarazioni delle parti. Il documento formato da un pubblico ufficiale incompetente o incapace, ovvero senza l’osservanza delle formalità prescritte, se è stato sottoscritto dalle parti vale come scrittura privata”(https://www.brocardi.it/dizionario/5596.html).

In altre parole, quindi, “il documento non fa piena prova del contenuto (ossia della veridicità) delle dichiarazioni effettuate dalle parti, ma solo della provenienza delle dichiarazioni” (http://www.notariato.info/guide-allatto/cose-latto-pubblico.html).
Solo a tali condizioni, quindi, “L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso”(http://www.treccani.it/enciclopedia/atto-pubblico-diritto-civile/).

Inoltre, si tenga presente che “Il notaio che redige un atto pubblico non solo è chiamato a rispettare le norme del codice civile che disciplinano il negozio giuridico in esso contenuto – si pensi al caso della compravendita o di un testamento pubblico – ma soprattutto al rispetto delle norme dettate della Legge Notarile inerenti la forma dell’atto stesso” (https://mioblog.notaiopescaradambrosio.it/differenze-scrittura-privata-atto-pubblico-notarile/).

Quanto detto trova perfetto riscontro nell’art 2699 c.c. dove si legge, in riferimento alla forza dell’atto pubblico, che “il notaio od altro pubblico ufficiale è autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato” (https://www.ricercagiuridica.com/codici/vis.php?num=11356&search=).

Oltre agli atti pubblici di cui abbiamo parlato fin qui esistono anche documenti che pur essendo formati da pubblici funzionari sono redatti, tuttavia, nell’esercizio di funzioni differenti. Ci si riferisce, ad esempio, alle “lettere scritte da un organo pubblico durante la sua normale funzione amministrativa. Nel silenzio della legge si ritiene che tali documenti abbiano un’efficacia probatoria intermedia tra quella dell’atto pubblico in senso stretto e quella della scrittura privata: infatti, se da un lato potranno valere come prova della data, della provenienza delle dichiarazioni da chi li ha sottoscritti e di ciò che in essi viene dichiarato, dall’altro potranno essere liberamente combattuti con tutti i mezzi consentiti dalla legge. Tale soluzione risulta avvalorata dall’art. 476 c.p., che distingue chiaramente gli atti pubblici che fanno fede fino a querela di falso, da tutti gli altri atti pubblici, che non hanno la stessa efficacia” (http://www.bankpedia.org/index.php/it/86-italian/a/18497-atto-pubblico).

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