Riassunti Diritto penale – ingiuria (art 594 cp) e diffamazione (art 595 cp)

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Riassunti Diritto penale – ingiuria (art 594 cp) e diffamazione (art 595 cp)

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l’ingiuria e la diffamazione sono due reati contro la persona disciplinati, rispettivamente, agli artt 594 cp e 595 cp (O MEGLIO: la diffamazione continua ad essere un reato, l’ingiuria invece no -> vedi poco più giù per l’aggiornamento alla depenalizzazione avvenuta per mezzo del decreto legislativo del 15 gennaio 2016 n. 7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili a norma dell’art. 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67)

i beni giuridici tutelati dalle due norme sono “l’onore” e il “decoro”:
onore = quell’insieme delle caratteristiche /condizioni dalle quali dipende il valore di una persona
decoro = quell’insieme di doti (fisiche, intellettuali e sociali) che caratterizzano un individuo.
Questi due beni giuridici possono essere intesi sia in senso soggettivo sia in senso oggettivo. Quanto all’accezione soggettiva del termine, essi riflettono il sentimento che ciascuna persona ha del proprio valore. Quanto, invece, all’accezione oggettiva, essi riflettono invece la reputazione della quale una persona gode nella società. Il diritto penale tutela questi due beni in entrambe le accezioni.

Partendo dall’analisi del delitto di ingiuria, la VECCHIA FORMULAZIONE (vedi poco più giù per l’aggiornamento alla depenalizzazione avvenuta per mezzo del decreto legislativo del 15 gennaio 2016 n. 7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili a norma dell’art. 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67) ) dell’art 594 cp diceva che:

c.1 “chiunque offende l’onore o il decoro di una persona PRESENTE è punito con la reclusione fino a 6 mesi o con la multa non inferiore a 516 euro”
commento: dalla lettura di questo primo comma, si evince che, in via generale, l’ingiuria è commessa quando l’offesa è diretta al soggetto passivo del reato in sua presenza”
c.2 “alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telefonica, telegrafica o telematica, ovvero, mediante l’invio di scritti o disegni alla persona offesa
commento: da questo secondo comma si evince come la regola contenuta nel primo subisca un’eccezione: è infatti possibile commettere il fatto anche in assenza della persona offesa, nei limiti previsti da questo secondo comma
c.3 “la pena è della reclusione fino ad un anno oppure della multa fino a 1032 euro qualora l’oggetto dell’offesa sia l’attribuzione di un fatto determinato”
commento: questo terzo comma pone un’aggravante
c.4 “le pene sono aumentate qualora l’offesa sia realizzata in presenza di più persone”
commento: anche da questo comma (come nel secondo) è chiara la volontà del legislatore di configurare il delitto di ingiuria anche in ipotesi di assenza della persona offesa. In particolare, questo ultimo comma, stabilisce un aumento delle pene in questi casi.

AGGIORNAMENTO  depenalizzazione avvenuta per mezzo del decreto legislativo del 15 gennaio 2016 n. 7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili a norma dell’art. 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67)

Con l’intervento della recente depenalizzazione, l’ingiuria NON sarà più punita con la reclusione fino a 6 mesi o la multa fino a 516 euro. Perché? Perché alla depenalizzazione consegue una trasformazione dell’illecito da penale a civile. Ciò significa, quindi, che il soggetto autore dell’ingiuria potrà essere punito con una sanzione pecuniaria che andrà da 100 a 8.000 euro. Qualora, poi, con l’ingiuria sia stato attribuito un fatto determinato o commesso in presenza di più persone, la sanzione pecuniaria andrà da 200 a 12.000 euro (sostituendo, quindi, la precedente sazione penale, che corrispondeva alla reclusione fino a 1 anno o alla multa fino a 1.032 euro).

Alla depenalizzazione consegue, altresì, una modifica del regime processuale applicabile ai fini di ottenere giustizia. Essendo infatti l’illecito in questione di natura civile (e non più penale), NON dovrà più essere sporta querela, dovendosi invece instaurare una causa ordinaria di tipo civile, al fine di accertare il danno arrecato all’ingiuriato. A seconda della gravità del danno (e conseguentemente dell’importo richiesto come risarcimento) il giudice competente sarà il Giudice di Pace (fino a 5.000 euro) o il Tribunale (oltre i 5.000 euro).

In caso di sentenza di condanna (che, lo si precisa, difficilmente interverrà prima dei 3 anni dalla proposizione della domanda) il giudice obbligherà il colpevole a pagare:

a)il risarcimento dei danni e le spese processuali all’ingiuriato. Cosa accade qualora il colpevole NON paghi? Semplice: l’ingiuriato (che a questo punto assume la qualifica di creditore) dovrà agire tramite il pignoramento al fine di ottenere quanto gli spetta.

b)una sanzione civile allo Stato. Cosa accade qualora, anche in questo caso, il colpevole non paghi? In caso di mancato pagamento interverrà Equitalia, mediante la notifica di una cartella di pagamento.

(N.B. Si noti che Equitalia è legittimata a procedere al pignoramento usufruendo di forme più rapide rispetto a quelle che può esperire un creditore comune, potendo infatti pignorare il conto corrente del debitore senza la necessità di passare dal giudice dell’esecuzione). Equitalia, tuttavia, non potrà né iscrivere ipoteca sulla casa, né pignorarla. Perché? Perché l’importo minimo del debito, necessario per far scattare tali misure è:

a)20.000 euro → per l’ipoteca sulla casa

b)120.000 euro → per il pignoramento sulla casa

 

Ma Come si prova l’ingiuria?

Per L’ingiuria normale (quella che normalmente si consuma “a due”, quindi alla sola presenza del reo e della vittima) era possibile – fino alla recente depenalizzazione – nel solo processo penale, anche la testimonianza della vittima, senza la necessità di elementi di riscontro.

nel processo civile, tuttavia, NON funziona così. la testimonianza dell’attore , infatti, non è mai ammessa! Anche nell’ipotesi in cui sia l’unico elemento per dimostrare la lesione.

Da ciò consegue che, d’ora in avanti, per provare in sede civile l’ingiuria “normale”, la vittima dell’ingiuria NON potrà più ricorrere alle proprie dichiarazioni. In altre parole, l’ingiuria normale rischia (all’atto pratico) di non essere più punibile!

Resterà, invece, provabile l’ingiuria aggravata (quella commessa in presenza di più persone) perché in tal caso nel processo civile sarà ammissibile la testimonianza delle altre persone che potranno ricoprire il ruolo di testimoni.

“…beh, ma nell’ipotesi di ingiuria normale l’ingiuriato potrà comunque registrare la conversazione?” NO, o meglio, non è così semplice. Le registrazioni NON sono sempre ammesse: esistono, infatti, luoghi in cui NON sono ammesse (es: la casa e gli altri luoghi di privata dimora del soggetto che commette ingiuria).

...FINE AGGIORNAMENTO depenalizzazione avvenuta per mezzo del decreto legislativo del 15 gennaio 2016 n. 7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili a norma dell’art. 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67)

 

Passando all’analisi del reato di diffamazione, l’art 595 cp dice che:

c.1 “chiunque, FUORI DAI CASI PREVISTI dall’articolo precedente, COMUNICANDO CON PIÙ PERSONE offende l’altrui reputazione, è punito con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1032 euro.
Commento: dalla lettura di questo primo comma si evince che la diffamazione si realizza sempre e soltanto in assenza della persona offesa e si realizza altresì soltanto mediante la comunicazione a più persone
c.2 “la pena è della reclusione fino a 2 anni o della multa fino a 2065 euro qualora l’oggetto dell’offesa sia constituito dall’attribuzione alla persona offesa di un fatto determinato”
commento: aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato (esattamente come prevista per il delitto di ingiuria”
i commi 3 e 4 possono essere letti senza bisogno di commento.

Uno sguardo alla Giurisprudenza:

La Cassazione, V sezione penale, con la sentenza n. 50099/2015 si è espressa molto chiaramente in merito alle caratteristiche che gli atteggiamenti di critica devono avere per poter costituire diffamazione ex art 595 cp.

La sentenza riconferma un suo stesso precedente (Cassaz Sez. 5, n. 23579 del 17/02/2014) avendo, in tale occasione, ritenuto NON sussistente il reato di diffamazione sussistendo invece i presupposti per l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 51 cp, in quanto le espressioni utilizzate – seppure aspre e polemiche – non avevano tuttavia rappresentato aggressioni gratuite. In altre parole, erano invece preordinate a ripristinare comportamenti corretti.

con la sentenza n. 50099/2015 la Cassazione ha infatti affermato che “in tema di diffamazione, il limite della continenza nel diritto di critica è superato in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato“.

Da ciò si deduce che in presenza di una critica, seppure aspra e polemica – che però NON rappresenti una mera aggressione verbale del soggetto criticato – SUSSISTE la scriminante di cui all’art 51 cp (esercizio di un diritto) e, conseguentemente, il fatto NON costituisce reato, perché i termini utilizzati sono preordinati a ripristinare comportamenti corretti.

 

L’ingiuria e la diffamazione pur essendo due reati diversi, presentano delle cause speciali di non puniblità, a volte applicabili ad entrambe e a volte no. In questo articolo mi occuperò di descrivere la causa speciale di non punibilità prevista all’art 596 cp (rubricato prova liberatoria). L’analisi della “ritorsione e provocazione” disciplinata dall’art 599 cp è stata invece da me già effettuata in un precedente articolo contenuto in questo blog al quale, quindi, vi rimando ;-).

In base all’art 596 cp, la prova liberatoria NON è mai ammessa per provare la veridicità o notorietà dell’offesa. Tuttavia, questo principio di carattere generale (ex art 596 c.1) è soggetto ad una eccezione: la prova liberatoria è ammissibile nelle sole ipotesi di offesa (ingiuria o diffamazione) avente ad oggetto l’attribuzione di un fatto determinato qualora, l’offensore e l’offeso, di comune accordo, decidano di deferire il giudizio per accertare la veridicità o meno dell’offesa, ad un giurì d’onore, PRIMA!!! che sia intervenuta una sentenza irrevocabile.
Vi sono tuttavia delle ipotesi in presenza delle quali (sempre e soltanto limitatamente alle ipotesi di attribuzione di un fatto determinato) è SEMPRE AMMESSA la prova liberatoria. Queste ipotesi sono:
a)quando la persona offesa sia un pubblico ufficiale e l’offesa abbia ad oggetto l’attribuzione di un fatto determinato riguardante le sue funzioni
b)quando, dall’offesa consumata, scaturisca un procedimento penale contro la persona offesa
c)quando la persona offesa richieda al giudice di estendere il suo sindacato in modo da accertare la veridicità o falsità dell’offesa perpetrata nei suoi confronti.

La Corte Cost, con la sent n 175 del 14-7-1971 ha affermato che: la prova liberatoria è sempre ammessa quando la diffamazione sia effettuata a mezzo stampa nell’esercizio del diritto di cronaca
(N.B.: una notizia, ancorché diffamatoria, non comporta alcuna conseguenza per il suo autore a patto che il giornalista abbia rispettato il c.d. Principio della continenza. In base ad esso, affinché la notizia, seppure diffamante, non comporti conseguenze penali, è necessario che:
a)il giornalista non l’abbia ingigantita
b)le fonti dalle quali abbia attinto sia fonti sicure
c)la terminologia utilizzata all’interno dell’articolo di giornale non risulti volutamente offensiva
d)la notizia sia di interesse pubblico

infine, per quanto riguarda il regime di procebilità, l’art 597 dice che:
c.1 “i reati di cui agli art 594 e 595 sono procedibili a querela della persona offesa”

in base al c.2, invece, se l’offensore e l’offeso hanno esercitato la facoltà prevista dall’art 596 c.2 (e quindi abbiano deferito la risoluzione della controversia ad un giurì d’onore) la querela non potrà naturalmente essere proposta in quanto la relativa facoltà sarà da considerarsi rinunciata o rimessa.
In base, infine, ai commi 3 e 4 in caso di morte della persona offesa, i soggetti legittimati a proporre querela (se la morte sia avvenuta PRIMA che il soggetto passivo del reato abbia proposto la querela) ovvero legittimati a proseguire (nel caso in cui il soggetto attivo sia morto dopo averla proposta) sono i prossimi congiunti, l’adottante o l’adottato

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