art 114 cp e articolo 110 codice penale: in che rapporto sono?

COPERTINA ART 114 E 110 CP RAPPORTO

art 114 cp e articolo 110 codice penale: in che rapporto sono?

Riprendendo il discorso sull’articolo 110 codice penale (per leggere la prima parte, CLICCA QUI! articolo 110 codice penale commento 1a parte) in questo articolo ho intenzione di analizzare l’articolo 110 codice penale in relazione all’art 114 cp. Una delle teorie, infatti, alla quale si è ricorsi per spiegare il significato del verbo “concorrere” (contenuto nell’articolo 110 codice penale) è quella della causalità. La domanda è: è davvero la più adatta? oppure “cozza un po'” con un’altra importantissima norma, sempre facente parte delle disposizioni in materia di concorso di persone del reato, quale l’art 114 cp? In questo articolo risponderò proprio a questa domanda!

Allora,

in base alla teoria della causalità  occorre che la condotta del singolo soggetto rappresenti un contributo normalmente rapportabile alla conditio sine qua non nella seriazione causale che porta all’evento. Tuttavia, la specificazione che si debba per forza trattare di conditio sine qua non funziona FINO AD UN CERTO PUNTO. Perché? Perché il primo comma dell’art 114 cp stabilisce che:

Il giudice, qualora ritenga che l’opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, può diminuire la pena.

Quella appena descritta dalla norma è la famosa attenuante della “minima partecipazione nel reato”. Essa fa sorgere problemi, di non poco conto, relativi all’inquadramento generale della categoria del concorso di persone. Perché? perché se aderiamo alla tesi della causalità come fondamento della compartecipazione, e aderiamo alla tesi della causalità intesa come conditio sine qua non, affinché il contribuito di ciascun soggetto concorrente sia tipico (e quindi punibile) ai sensi dell’articolo 110 codice penale bisogna che sia conditio sine qua non dell’evento e, quindi, ogni singolo comportamento di ciascun concorrente deve rappresentare una concausa dell’evento che deve rispettare il principio fondante la causalità (e quindi il principio condizionalistico causale) per cui la condotta (ogni singola condotta) deve rappresentare condizione essenziale indispensabile per la produzione dell’evento. Qual’è il problema che presenta tale impostazione metodologica? La risposta è la seguente: l’art 114 cp parla di “minima importanza”, ciò significa che il singolo apporto compartecipativo è di “scarso rilievo causale”. Ma allora se un comportamento ha uno scarso rilievo causale, ha quindi una marginalità nella sua importanza rispetto all’iter causale complessivo, ciò significa che NON è una conditio sine qua non dell’evento. NON è, in altre parole, una condizione indispensabile per la condizione dell’evento. Ciò porta a concludere che, il ragionamento fatto all’inizio, è viziato da una sorta di contraddizione logica impossibile da superare. Infatti, non si potrebbe semplicemente dire “va beh ma l’espressione minima importanza è un’attenuante..” e non si può perché, anche se è un’attenuante, presuppone un fatto punibile (punibile “di meno”, ma pur sempre punibile). Ma per essere un fatto punibile a titolo di concorso di persone nel reato bisogna che sia già applicabile l’articolo 110 codice penale nei suoi elementi di tipicità (scarsi, come abbiamo visto prima). Quindi, quando ci sono più condotte che convergono nella realizzazione di un comune fatto di reato è ERRATO ritenere che tutte debbano essere conditiones sine quibus non dell’evento (perché se così fosse questa impostazione risulterebbe incompatibile con il dettato dell’art 114 cp).

quindi, per essere un po’ sintetici, possiamo dire questo: il modulo causale NON va abbandonato completamente, MA! esso non è in grado di spiegare DA SOLO il fondamento dell’art 114 cp. Quindi, possiamo anche ritenere che “di norma” si debba guardare ad una condizionalità dell’apporto compartecipativo rispetto all’evento realizzato in comune, ma con una sorta di TENDENZIALITÀ interpretativa perché, altrimenti, si cade in quella contraddizione logica evidenziata poc’anzi.

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